MARISA BELLISSARIO LA PRIMA DIRIGENTE DONNA ITALIANA
Nata a Ceva nel 1935, trent’anni dopo sarebbe entrata in una sala riunioni a New York, sotto gli occhi dei colleghi della General Electrics – alla quale la Olivetti aveva ceduto la divisione elettronica – che da lì a poco l’avrebbero soprannominata “The Legs”, le gambe, quelle che le sporgevano dalla gonna e che, a quei piani alti, la stagliavano da uno sfondo di uomini impreparati a dirigenti donne.
La sua, una storia di meritocrazia, di dedizione, ma anche di frasi come “Tu non hai problemi, perché come donna non diventerai mai dirigente, quindi nessuno vede in te un concorrente” smentite in poco tempo, grazie a una competenza troppo preziosa per essere ignorata.
Lei stessa ironizzava dicendo che per una donna far carriera è più difficile, ma è più divertente. Dunque, una strada indubbiamente resa ardua dai tempi ma, allo stesso tempo, facilitata dalla smisurata passione per il suo lavoro.
Quando nel 1981 torna in Italia, prende le redini di Italtel, colosso pubblico composto da 30 aziende elettromeccaniche, sofferente di un’emorragia di soldi e di efficienza. Tra tagli di bilancio e progetti innovativi, fa impennare i guadagni in poco tempo fino ad arrivare a 1.300 miliardi di fatturato, traguardo che le vale il Premio di manager dell’anno 1986.
Scomparsa prematuramente a 53 anni, Marisa Bellisario ha trasformato il ruolo della donna nel mondo del lavoro italiano, non solo per gli straordinari risultati ottenuti su se stessa, ma anche grazie alle sue lotte politiche per il (ancora attuale) “diritto alla mediocrità” delle donne:
“Si arriva ad occupare posti importanti solo se si è bravissime. Quando ci saranno anche le mediocri, come avviene per gli uomini, vorrà dire che esiste la vera parità”.
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