LEADERSHIP AZIENDALE, PER FARE UN CAPO SERVE UNA SQUADRA

Una volta c’era il capo, oggi ci sono i leader. Il concetto di “boss” nei contesti aziendali è sempre meno diffuso, al di là di quei rari casi a conduzione familiare dove più che il capo emerge la romantica figura del patron. Sarebbe troppo facile sostenere che un capo non è necessariamente un leader. Di contro, per essere un leader non sempre risulta necessario ricoprire posizioni apicali. Nel panorama attuale del business emerge il concetto di leadership aziendale. Si tratta della capacità di un’impresa di valorizzare il personale, dando spazio alle aspirazioni e alle intuizioni dei dipendenti e dei collaboratori, mantenendo sempre il focus sul gioco di squadra e sulla solidarietà tra colleghi. Il risultato personale coincide con gli obiettivi aziendali. Questa vision comporta un cambio di passo verso la centralità della persona, indispensabile per la qualità e la produttività dell’habitat lavorativo.

I capisaldi del buon leader

In questo contesto chiunque ricopra ruoli di responsabilità o ambisca a farlo è chiamato a sviluppare alcuni presupposti fondamentali per conferire al luogo di lavoro il giusto clima e risultare sempre più competitivi:

  • Strumenti: mettere a disposizione dei colleghi i migliori supporti possibili per aumentare il focus sulla mission aziendale e sugli obiettivi personali.

  • Benessere: salute mentale, spazio vitale e relazioni sane sono i migliori alleati del business.

  • Fiducia: delegare conferisce motivazioni e rafforza i legami, a patto che il leader resti sempre un compagno di viaggio, senza cedere alla sindrome del controllore.

  • Esempio: rispetto e lealtà si conquistano day by day, sul campo. Una leadership efficace si esprime anche sul piano operativo.

Il denominatore comune in ordine a queste buone prassi è l’ascolto. Non solo in termini di disponibilità e considerazione, bensì in una più ampia logica di partecipazione alle decisioni, alle strategie e alla cultura aziendale. Un elemento centrale per qualsiasi tipologia di leadership, che la psicologia applicata al lavoro definisce come autoritaria, democratica o permissiva.

L'importanza delle finestre aperte

Nell’accezione più attuale la leadership diventa un concetto fluido, che nasce da un approccio open minded e poggia sulla permeabilità degli uffici, delle competenze e dei gruppi di lavoro. Una contaminazione che non per questo prescinde dal rispetto dei ruoli e dalle responsabilità in seno all’azienda. Indipendentemente dal merito dei contributi raccolti dai collaboratori e dalle performance del proprio team di riferiremo, i leader aperti ai suggerimenti e propensi a chiedere un feedback ottengono vantaggi sia nella gestione dei processi sia nella prevenzione di quelle barriere che frenano la crescita delle imprese. Uno stile di leadership statico, chiuso e verticale favorisce insoddisfazioni e limita il senso di appartenenza. Mentre una guida flessibile, in grado di adattarsi alle persone e ai diversi contesti, permette di cogliere il meglio da ogni situazione, trasformando i problemi in opportunità. Non tutti i colleghi sono uguali, come pure non tutti i clienti, i fornitori o gli interlocutori che costituiscono la propria dimensione lavorativa. Cogliere questo aspetto denota intelligenza emotiva, empatia e visione strategica.

Uscire dagli schemi e dagli schermi

Un buon leader presta grande attenzione alle dimensioni interpersonali del proprio ruolo. Pianificare e fissare obiettivi a breve scadenza aiuta a monitorare le performance e, al contempo, libera il team da quel senso di routine che soffoca stimoli e creatività. In compenso, i manager troppo presi dagli impegni e dalle responsabilità quotidiane rischiano di sacrificare la capacità di vision a beneficio di risultati mediocri, ma sicuri. In tempo di smartworking, inoltre, è importante garantire la giusta autonomia e flessibilità, nella consapevolezza che dagli schermi può emergere il ruolo, ma non la persona che lo ricopre.

Seguire la strada o crearla?

Coraggio, lungimiranza e intuizione sono doti riconosciute ai leader più apprezzati. Certo, i rischi di andare oltre il dovuto, la comodità della propria comfort zone, non si possono negare. Eppure restare sempre uguali a se stessi è spesso la via maestra per esaurire la benzina dell’entusiasmo, della vitalità e della mission di un’impresa. Lo dicono le statistiche, secondo le quali è molto probabile che il tasso di turnover del personale di un’azienda è inversamente proporzionale alla leadership del suo management.

Come ottenere quindi gli strumenti necessari a promuovere un ambiente di lavoro stimolante, dinamico e solidale? Valorizzare il personale non è sempre sufficiente, per dare impulso alla propria vision bisogna confrontarsi con una realtà in costante evoluzione, nei linguaggi, nei modelli e nelle innovazioni, economiche e sociali. Per questo è necessario saper attirare nuovi talenti, che rappresentano un valore aggiunto in termini di creatività, ma anche di skill aziendali. Una chiave d’ingresso anche per attivare collaborazioni e progetti pilota che alimentino lo storytelling e la reputation del brand, anche nel mondo digitale.

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