La parità di genere passa per il work-life balance

Il Ministero del Lavoro ha recentemente diffuso un documento delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO); dedicato all’analisi delle condizioni lavorative delle donne; e di come poterle migliorare, per raggiungere una sempre maggiore parità di genere. In particolare, qui ci vogliamo soffermare sul tema del work-life balance, che, in tempi di restrizioni dovute alla pandemia, è diventato di grande attualità. Si è sempre più evidenziato, infatti, il ruolo preponderante delle donne come caregiver, più che come lavoratrici.

Prendersi cura della famiglia senza essere retribuite.

Secondo il documento delle Nazioni Unite, in nessun paese del mondo c’è parità tra uomini e donne nel prendersi cura della famiglia. Anche nei paesi più sviluppati e industrializzati del G7, il lavoro non retribuito di cura e sempre svolto in gran parte parte dalle donne. Esistono poi tutta una serie di “penalità” legate alla maternità.

Le donne, infatti, patiscono tutta una serie di limitazioni alla carriera dovute principalmente al fatto di essere madri: lavorano meno ore, perché si devono prendere cura dei figli, dopo la scuola o quando sono malati. Di conseguenza guadagnano anche meno e sono meno coinvolte nei processi manageriali e nelle posizioni di leadership. Proprio perché c’è sempre il timore che si debbano assentare da un momento all’altro, anche per lunghi periodi.

Con la pandemia la situazione si è ancora di più sbilanciata.

Le lavoratrici sono sicuramente quelle che hanno maggiormente risentito delle ripercussioni dell’emergenza sanitaria sull’organizzazione del lavoro e della vita privata.Se già il lavoro da remoto ha intaccato il work-life balance di molti lavoratori, le donne hanno dovuto farsi carico anche della cura dei familiari malati e dei figli, ora a casa in DaD.

Secondo l’ISTAT, nel 2020 circa il 98% di chi ha perso (o ha rinunciato) al lavoro era donna.;

Questo non ha fatto altro che ampliare ulteriormente il divario tra uomini e donne nel mondo del lavoro, sia a livello di occupazione, che di salario, che di riconoscimenti professionali.

Trovare un migliore equilibrio tra vita personale e lavoro.

Secondo il report dell’ILO, quindi, i vari stati dovrebbero porre in atto tutte quelle politiche che servano ad aumentare la suddivisione dei ruoli, coinvolgendo sempre di più anche gli uomini e le Istituzioni nella cura delle famiglia, dai figli, agli anziani, ai disabili.

Il tutto non dovrebbe rimanere a carico delle sole famiglie, ma dovrebbe essere spartito anche con gli Stati stessi che potrebbero introdurrecongedi parentali equilibrati tra i genitori e di durata congrua con le esigenze familiari, ma anche servizi educativi e assistenziali efficienti oltre che incentivi per le famiglie.

Tutto questo, oltre a consentire alle donne di poter affrontare una carriera lavorativa senza dover scegliere tra la propria famiglia e la propria carriera, aiuterebbe anche gli uomini a sentirsi più partecipi della vita dei figli che, a loro volta, crescerebbero più sicuri ed emancipati.

Dal canto loro, le aziende potrebbero creare ambienti di lavoro sempre più “family-friendly”, adattando gli orari di lavoro alle esigenze del dipendente, consentendogli di integrare il lavoro, specialmente nel lavoro da remoto, alle esigenze della famiglia. Che siano essi madri o padri.

Di sicuro, in tempi di pandemia, tutte queste politiche, sociali e aziendali, dovrebbero diventare prioritarie. Perché è solo cercando di migliorare il work-life balance delle lavoratrici, e di conseguenza anche dei lavoratori, che si può puntare a un vero rilancio oltre che a una vera parità di genere.