Il Primo Maggio? Tra passato e futuro

Il Primo Maggio? Tra passato e futuro

Da sempre la festa dei lavoratori implica un impegno crescente rispetto alle condizioni di lavoro. Dai contratti alle tutele sindacali, dall’emancipazione femminile al tema, tragicamente attuale, della sicurezza.

Un partita fondamentale giocata sul fronte dei diritti, che parte dalla fine dell’Ottocento, dagli anni di grande fermento che per la prima volta in Francia portarono in piazza la richiesta di turni di 8 ore da parte dei lavoratori.

Il lavoro, tra progresso e ideologie

Il primo maggio si ricordano i sacrifici delle lavoratrici e dei lavoratori a livello internazionale, dagli scontri di classe a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, alle tensioni sociali che dalla fine degli anni ‘60 hanno hanno scandito le decadi successive in un crescendo di polarizzazioni e battaglie ideologiche. Una dialettica che, dall’inizio del nuovo millennio, è stata condizionata dalla retorica di una politica via via sempre più distante dai temi di stretta attualità.

Se la sicurezza sul lavoro resta una tematica centrale anche per il main stream, la disparità salariale tra uomini e donne rimane un nervo scoperto per un settore dell’impiego che vede l’Italia nelle ultime posizioni a livello europeo.

Le donne al lavoro

Nel 2021 il Parlamento italiano ha varato la “Legge sulla parità salariale di opportunità sul luogo di lavoro”, con una serie di interventi di sensibilizzazione e agevolazioni per abbassare il gender pay gap. Il divario retributivo di genere, secondo le ultime stime, si attesta sui 10 punti percentuali. Gli stipendi delle donne, rispetto a quelli dei colleghi, differiscono a seconda dell'inquadramento: da circa 3mila euro a oltre 16mila euro in meno. Un problema che affonda le radici nel contesto socio-economico, ma soprattutto nel panorama culturale. Oggi le donne che hanno un lavoro in Italia sono poco più di 9,7 milioni, contro 13,4 milioni di uomini, con un tasso di occupazione del 51,9 e del 69,6%.

Le nuove frontiere del mercato

Dalla effetti della globalizzazione e dell’apertura delle frontiere sulla delocalizzazione delle grandi industrie alla fuga dei cervelli, fino alla crisi dei mestieri e dei piccoli artigiani. Dinamiche legate alle complessità di un trasferimento di saperi e di tradizioni condizionato dalle logiche di una società sempre più digital. Da qui anche la delicata posizione dei piccoli artigiani e commercianti, schiacciati dalle grandi società e dalle multinazionali dell'e-commerce. Tutte questioni aperte, che attribuiscono all’evento del Primo maggio un significato nuovo, e per certi versi distante da quello tradizionalmente celebrato nei notiziari e sui programmi televisivi.

Il lavoro nel terzo millenio

Da una parte lo spauracchio dell’Intelligenza artificiale che incombe sul mercato, dall’altra il sentimento diffuso attorno all’esigenza di ritrovare la centralità della persona, anche sul posto del lavoro.

Una spinta emotiva certamente figlia della pandemia, capace di investire tutto il settore con la piccola-grande rivoluzione dello smart working. Una prassi ormai per moltissime aziende, tuttavia lontana dal reale significato di una pratica che nella forma più superficiale si può assimilare al “telelavoro”. Lo smart working, nella sua più autentica accezione, si caratterizza infatti per le modalità smart, con la flessibilità degli orari e la logica degli obiettivi e dei risultati, più che per le mansioni generiche delle classiche 8 ore lavorative.

Giovani e benessere

Ecco perché, soprattutto nelle aziende anglosassoni, magari guidate da un management under 40, la settimana corta non è un tabù, ma un modo per impegnare e responsabilizzare i dipendenti senza le zavorre di un liturgia impiegatizia rigida e superata.

Meno vincoli e più flessibilità per aumentare produttività e creatività. A chiederlo sono soprattutto le giovani generazioni, che sognano un lavoro meno totalizzante di quanto non sia stato per i propri genitori. Realizzarsi nella vita, per la Generazione Z, non passa necessariamente dal lavoro, che può semplicemente rappresentare uno strumento per mantenersi e conseguire altri obiettivi, a seconda dei valori e dei sogni di ciascuno. Una visione lontana dalla cultura un po’ boomer di chi è cresciuto negli anni ‘80 e ‘90.

In medio stat virtus

Probabilmente l’approccio ideale è una via mediana, capace di valorizzare le tradizioni, trasportandole sul piano di un progresso non solo tecnologico, ma anche valoriale.

In questo senso, forse, basta poco per stare al passo coi tempi. Il coaching diventa mentoring, i vecchi benefit lascino il campo al welfare aziendale, mentre dopo aver pensionato le care e vecchie riunioni, le “call” sono pronte a soppiantare addirittura i “meeting”. Resistono ancora le convention, per quanto ancora non si sa... E il senso di appartenenza? Lo spirito aziendale? L’alchimia tra colleghi di lavoro?

Per alcuni sono semplici retaggi di una visione romantica dell’ufficio come seconda casa, ma il senso del gruppo resta un propellente eccezionale per conseguire gli obiettivi prefissi e aprire nuovi orizzonti e prospettive. A questo servono i percorsi di team building, perché se conosci i tuoi compagni di viaggio (non sono su zoom), sarà più facile arrivare a destinazione.