Giovani e lavoro: prospettive per il dopo Covid

Qual è lo scenario che si prospetta ai nostri giovani quando entreranno nel mondo del lavoro? La pandemia ci ha messi davanti a un bivio: da un lato l’inizio di una nuova fase di sviluppo economico e sociale (smart working, tecnologie digitali…), dall’altro un alto livello di debito pubblico e una bassa presenza di under 35 nel sistema lavorativo italiano che sono preludio di crisi.
Quali sono le prospettive occupazionali per le nuove generazioni?
Per prima cosa, per uscire dall'impasse in cui ci troviamo a causa dell'emergenza sanitaria, è necessario scommettere sull’occupazione delle nuove generazioni in modo che alimenti la crescita economica e ci consenta di sostenere il debito pubblico. Ciò si può realizzare solo investendo sui giovani, sul loro capitale umano, per evitare di depotenziare il contributo che la generazione dei millennials può dare alla vita attiva.
Questa valorizzazione comporta anche l’innescarsi di percorsi formativi qualificanti o riqualificanti per venire incontro alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
La povertà educativa e la transizione scuola-lavoro.
Le statistiche pre pandemia ci dicevano che, nonostante un grande divario rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda l’abbandono della scuola secondaria superiore (early leavers) o per il numero di 15enni con competenze indispensabili per approdare nel mondo del lavoro, l’Italia si stava allineando. Tuttavia, la crisi sanitaria ha invertito la tendenza e ha anzi evidenziato un forte rischio di povertà educativa. Rischio fortemente connesso anche alle caratteristiche della famiglia di origine e al contesto territoriale. La povertà educativa vincola le nuove generazioni a occupazioni di basso livello e impedisce loro di riuscire a dare un contributo qualificato ai processi di crescita del paese.
L’acronimo NEET significa “Neither in Employment nor in Education or Training” e indica tutte quelle persone, non necessariamente giovani, che hanno sospeso la ricerca di un lavoro o che aspettano il momento migliore per avviare un’attività autonoma. La situazione di lockdown ha aumentato notevolmente il numero delle persone che rientrano in questa categoria andando incontro all’esclusione sociale.
La didattica a distanza e l’impoverimento delle aspettative di impiego.
La chiusura delle scuole nel 2020 ha costretto il sistema educativo a far fronte a diverse situazioni che hanno evidenziato l’impreparazione di tutto il sistema educativo, sia rispetto a nuove strutture e strumenti, sia rispetto a competenze tecniche. Ma ha soprattutto evidenziato l’incapacità di reimpostare il processo di apprendimento alla luce delle nuove modalità di interazione e di trasmissione dei contenuti. Ciò ha complessivamente ridotto la qualità dell’educazione, aumentando esponenzialmente la dispersione scolastica.
Uscire dal percorso formativo in tempi di crisi economica, oltre ad aumentare la disoccupazione, livella verso il basso le aspettative occupazionali dei giovani, che non sono pronti ad affrontare le sfide digitali e green che si stanno presentando già oggi.
Non è tutta colpa della pandemia.
Questo scenario è stato solo acuito dell’emergenza Covid e non possiamo ritenere che la crisi economica sia imputabile solamente alla pandemia. Dobbiamo fermarci ad analizzare cosa già prima non funzionava nel nostro sistema educativo e di transizione nel mondo del lavoro per capire come poter agire e ridare alle nuove generazioni le capacità per affrontare da protagonisti le sfide lavorative che, al di là del Covid, l'attualità ci sta già proponendo.
Nel suo contributo al “XXII Rapporto Mercato del Lavoro e Contrattazione Collettiva 2020” pubblicato dal CNEL, il Professor Alessandro Rosina paragona l’Italia ad una squadra di calcio impegnata in una competizione internazionale. Se gli schemi di gioco sono ancora quelli di vent’anni fa, solo i giocatori più anziani ci si sapranno adattare e se non si dà la possibilità alle nuove leve, non solo di giocare, ma anche di portare innovazione negli schemi di gioco, i risultati continueranno ad essere mediocri.
Scommettere sul capitale umano delle nuove generazioni.
In uno scenario non troppo incoraggiante per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, abbiamo ancora la possibilità di innescare una spirale virtuosa. Dovremo, infatti, cercare di prevedere come cambierà il mondo nel post Covid sia dal punto di vista lavorativo che nella vita quotidiana. Questo ci consentirà di dotare i più giovani delle competenze necessarie ad essere protagonisti dei più avanzati processi di sviluppo che saranno inevitabili nei prossimi anni, ma soprattutto dovremmo riuscire a riqualificare anche chi è ormai uscito dal sistema scolastico e di istruzione, per reintrodurlo nel mondo del lavoro con aspettative più alte.
Lo Skill Mismatch: quando le competenze non sono più adeguate al mondo del lavoro.
Il primo passo da intraprendere è proprio quello di adeguare le competenze possedute dai giovani a quelle richieste dalle aziende, che si trovano ad attraversare un momento di svolta produttiva, sempre più verso il digitale, in modo sostenibile e green. Tuttavia le skill che verranno acquisite devono essere anche adeguate ai talenti che ciascuno possiede e, se da un lato dobbiamo formare la nuova classe dirigente con capacità manageriali, dall’altro non possiamo dimenticare chi ha abbandonato gli studi, ma che può rientrare nel mondo del lavoro con un percorso mirato di apprendistato.
Valorizzare il capitale umano deve essere una priorità.
L’intraprendenza delle nuove generazioni deve essere qualcosa da valorizzare. Aprire le aziende ai giovani significa sostenere l’ecosistema dell’innovazione, che diventa terreno fertile anche per la nascita di startup ad elevato contenuto tecnologico in grado di ridare nuova linfa al nostro sistema produttivo. Ma dobbiamo anche essere capaci di intercettare i più vulnerabili per inserirli in un percorso virtuoso di continuo miglioramento e continua formazione.
Una volta potenziata la domanda, ovvero le competenze dei giovani, e l’offerta, cioè le richieste del mondo del lavoro, non resta che favorire l’incontro al punto più alto tra domanda e offerta sul territorio. Ed è quello che noi facciamo coi nostri specialist nei nostri uffici di selezione territoriali.