Gianni Agnelli: erede visionario di una grande dinastia
Chi non conosce Gianni Agnelli, l’Avvocato?
La famiglia Agnelli è da sempre quella che ha retto le sorti economiche (e non solo, dato che sono proprietari della squadra di calcio della Juventus) del nostro bel paese.
Ma non è stato sempre tutto rose e fiori.
Vediamo come Gianni Agnelli ha saputo traghettare il colosso di famiglia, la FIAT, attraverso due decenni difficili dal punto di vista economico, lasciando ai suoi discendenti in eredità un’azienda solida e all’avanguardia.
Un presidente maturo.
Dopo una giovinezza passata a godersi gli agi di essere nato in una famiglia di imprenditori di grande successo, Gianni Agnelli si insedia al timone della FIAT nel 19 all'età di 45 anni.
Il nonno Giovanni, di cui porta il nome e che della FIAT era fondatore, gli aveva sempre ricordato, infatti, di godersi la gioventù, prima di dedicarsi all’azienda, perché, una volta entrato “in affari”, non avrebbe avuto più tempo per altro.
Sarà infatti tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 del 1900 che l’azienda si troverà a vivere situazioni davvero complesse e proprio in questi momenti l’Avvocato si dimostrerà un industriale illuminato e capace.
La ristrutturazione del “sistema” FIAT.
Qualche anno dopo esserne diventato presidente, Agnelli coadiuvato dal fratello Umberto, diventato nel frattempo Amministratore Delegato, cominciò a ridisegnare tutto il sistema aziendale che vedeva FIAT disperdere le sue energie, soprattutto economiche,in tante diverse produzioni.
Dismise tutte quelle divisioni come la Divisione Mare e la FIAT Velivoli, specializzata in fabbricazione di aerei, prevalentemente ad uso militare.
D’altro canto, però, nel 1969 la Ferrari cedette alla FIAT il controllo della sua casa di auto sportive mentre il reparto corse rimase in gestione all’'ing. Ferrari. Nel 1970, poi, venne acquisita a un prezzo simbolico la Lancia, glorioso marchio di auto di prestigio (era detta "la Mercedes italiana") fondata a Torino da Vincenzo Lancia nel 1907, ormai in stato di quasi insolvenza.
Il sogno di una FIAT internazionale.
Gianni Agnelli aveva sempre desiderato far diventare la FIAT un’azienda internazionale.
Due anni dopo averne assunto la guida, si era accordato per l'acquisto di una quota di partecipazione nella Citroën con l'intenzione di giungere successivamente al controllo totale della casa automobilistica francese.
La sinergia fra i due costruttori europei sembrava promettere bene, ma in Francia l'opposizione gollista di stampo nazionalistico fece, di fatto, divieto alla FIAT di acquisire la maggioranza delle azioni Citroën.
Tuttavia Agnelli non si diede per vinto e nel 1971, la FIAT siglò un importante contratto di licenza e collaborazione industriale con la polacca Pol-Mot per la produzione su larga scala della FIAT 126. Il modello, prodotto alla media di oltre mille vetture al giorno, contribuì notevolmente alla motorizzazione dell'intera Polonia e dei mercati d'oltre cortina.
Qualche tempo dopo Agnelli portò la FIAT oltreoceano: diede vita uno stabilimento in Brasile ove si sarebbe prodotta inizialmente la 127, opportunamente modificata per quel mercato (il nome del modello brasiliano sarà 147).
Il suo ambizioso progetto di rendere noto in tutto il mondo il marchio FIAT, si realizzò nel giro di una decina d'anni con le unità produttive presenti su 4 continenti.
Gli anni ‘70 e le lotte dei metalmeccanici.
Nel 1969, a pochi anni dal suo insediamento al vertice della FIAT, però, Gianni Agnelli dovette affrontare anche un difficile problema interno: il rinnovo del contratto di lavoro dei metalmeccanici. All’inizio la vertenza procedette con alti e bassi, ma da settembre le cose cambiarono radicalmente ed emersero nuove, inattese, forme di sciopero: incominciò quello che verrà subito battezzato autunno caldo.
I vari reparti scioperavano a rotazione,mezza giornata o meno per volta, creando una discontinuità tra i vari reparti che paralizzava, di fatto, l’azienda.
Iniziarono, così, forme di sciopero del tutto nuove, gli “scioperi a singhiozzo”.
La vertenza si chiuse nel gennaio del 1970 con un nuovo oneroso contratto per le aziende, con concessioni normative consistenti, che incideranno pesantemente sui bilanci futuri. Fra l'altro vennero abolite le differenze territoriali per la determinazione del minimo sindacale del salario cosicché il neoassunto a Palermo avrebbe percepito, a parità d'inquadramento, lo stesso salario di quello assunto a Milano.
La crisi finanziaria e nuovi conflitti coi sindacati.
Fino agli anni ‘70 dal punto di vista del business, però,le cose andavano bene: la richiesta di autovetture era in continuo aumento, tanto che la FIAT non riusciva a soddisfarla e i tempi di consegna si allungarono.
Fu nella prima metà degli anni settanta, però, che Gianni Agnelli dovette affrontare la prima grande crisi della FIAT: l'autofinanziamento non era più possibile, le vendite di auto in Italia calarono e la concorrenza straniera, grazie alla piena attuazione del Trattato di Roma in materia di barriere doganali nell'Europa, si fece sempre più agguerrita: la FIAT dovette ricorrere massicciamente al credito.
Sotto la guida di Cesare Romiti, Gianni Agnelli trasformò la FIAT S.p.A. da un'azienda industriale in una holding finanziaria. Il processo durò più di cinque anni.
Nello stesso periodo, i conflitti della FIAT di Gianni Agnelli con le forze sindacali italiane rappresentano un esempio delle relazioni tra il mondo degli industriali e i sindacati negli anni '80.
Uno dei più aspri scontri con il mondo sindacale si risolse in favore degli industriali nel 1980, quando uno sciopero generale, che aveva portato al blocco della produzione venne spezzato dalla cosiddetta "marcia dei quarantamila", dal supposto numero di lavoratori "qualificati" che il 14 ottobre di quell’anno sfilarono a Torino reclamando il diritto "di poter andare a lavorare". Questa azione segnò un punto di svolta e una brusca caduta del potere sino ad allora detenuto dai sindacati degli operai in Italia all'interno della FIAT.
Il monopolio dell'industria automobilistica italiana e non solo…
Gianni Agnelli dopo il periodo degli scontri coi sindacati, rafforzò l’immagine della FIAT e strappò alla Ford l'acquisto dall'IRI dell'Alfa Romeo, battendo il concorrente d’oltreoceano soprattutto per la volontà di mantenere i livelli occupazionali dell’azienda milanese. Il gruppo FIAT riuniva ora tutte le maggiori case automobilistiche italiane.
Al principio degli anni 2000, Gianni Agnelli, convinto che la FIAT non ce l'avrebbe fatta da sola ad affrontare la sfida del mercato mondiale, aprì agli americani della General Motors. La partnership ebbe alti e bassi e Gianni Agnelli, stroncato da un tumore nel 2003, non vide mai l’evoluzione della sua grande intuizione industriale che vede oggi FIAT e General Motors partner in Stellantis, una delle più importanti e potenti alleanze strategiche dell’automotive.
Grazie anche alla lungimiranza della sua politica aziendale e alla sua abilità nel trattare con le organizzazioni sindacali, Gianni Agnelli può essere a ragione considerato il più grande capitano d'industria italiano. Ha preso sulle sue spalle un’importante eredità, facendola fiorire e lasciando a suoi eredi un impero.
Nota di attribuzione: immagine di Gianni Agnelli tratta da Wikimedia Commons con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported.